C'è un
bellissimo video di Salvatore Brizzi che spiega perfettamente il
passaggio dal branco, tribù, clan, al gruppo e alla comunità.
Nei primi
tre modi di stare insieme le motivazioni sono dettate esclusivamente
dalla paura e dalla necessità di proteggersi a vicenda. Non c'è
scelta ma convenienza e opportunismo con il predominio del più forte
e legami basati sul “do ut des”.
Il gruppo
invece è formato da persone in grado di badare a se stesse, che
vivrebbero benissimo anche da sole, ma che provano gioia nello stare
insieme e nello scambio. Nella comunità le persone si raccolgono
intorno a un progetto, una visione, un'ideale.
In questi
due ultimi casi l'insieme è molto superiore alla somma dei singoli
individui, perchè è inutile dire che il cammino dal branco alla
comunità avviene grazie alla consapevolezza che i singoli coltivano
e accrescono per se stessi e per gli altri. Non ci può essere
comunità senza lavoro su sé stessi .
Convinti di
ciò abbiamo chiesto al nostro espertissimo facilitatore Bruno DiLoreto Wurms, che ci accompagna nel percorso di formazione del
gruppo, di darci la sua opinione su cosa significhi “lavoro su di
sè” , “cammino spirituale” e “lavoro di gruppo”.
Bruno ci ha
tenuto una lezione magistrale che qui riassumiamo, ma che poi
inseriremo in versione completa nelle pagine dl blog.
“Il
lavoro su di sé “ è qualcosa che faccio accadere, non che mi
capita, qualcosa che incomincia quando decido di prendere in mano la
mia vita e di fare delle scelte con responsabilità . Quindi se i
miei genitori mi mandano dallo psicologo o mi fanno studiare il
pianoforte, quello non è lavoro su di me. Magari non mi fa male, ma
non è lavoro su di me.
Di solito
il lavoro su di sé incomincia con un rovescio della vita, una
disgrazia, una perdita, un incidente, un disastro finanziario, un
malessere persistente e mi mette in contatto con la mia interiorità
attivando energie risananti. Assume diverse forme che vanno dalla
terapia, al volontariato, all'arte, al viaggio in terre inesplorate
(Odissea), ma il primo passo è sempre l'osservazione di me stesso e
la presa di coscienza che da passivo, meccanico e condizionato,
voglio diventare responsabile, voglio mettere in moto le mie forze
vitali e la mia volontà di scelta, che è il motore della mia
evoluzione. Entro in contatto con me stesso, vado in profondità e
unisco cuore e istinto, ascolto attentamente le mie istanze profonde
e attivo il mio sistema immunitario che mi fa distinguere tra bene e
male, tra ciò che mi nutre e ciò che non mi da un'informazione
positiva.
La
direzione presa mi da chiarezza, forza e autorevolezza, pace
interiore, sviluppo una cultura personale che deriva dalle esperienze
fatte ed entra nelle mie cellule. Non mi sento più solo e non
aspetto che la vita scelga per me. L'impegno in una direzione genera
un campo di forza intorno a me che attira persone positive e non
sono più vampirizzabile.
Poi la
direzione si trasforma in potere personale e gioisco di una vita di
cui sono autore. Sono responsabilmente creativo e incarno un'ideale,
trasmuto il mio piombo in oro. Cambio il finale della storia perchè
posso affrontare la mia e l'altrui ombra senza smarrirmi.
Il lavoro
su di sé si svolge quindi in 4 fasi : incontro me stesso, fluisco
nel godimento di aver trovato il mio nutrimento, mi oriento con
decisione attivando la volontà, trasmuto.
Ma non ogni
lavoro personale è un lavoro spirituale....Un bravo notaio, sarto, agricoltore possono fare un eccellente lavoro personale, ma non necessariamente sono nello spirito.
Il ”
lavoro spirituale” rompe l'equilibrio che potrei aver raggiunto col lavoro personale. E' una domanda che ogni
giorno mi faccio. E' una indefinibile perenne tensione e inesausta
ricerca di senso che va sempre oltre .
E' un complesso sistema di rapporti con
l'universo.
Il lavoro
spirituale è la percezione della sacralità del momento e
l'attribuzione di valore sacro a tutto ciò che faccio: per una persona
coltivare la terra è una dura fatica di cui farebbe volentieri
senza; per un'altra è amore e venerazione verso Madre Terra.
Se sento il
senso del sacro in ciò che faccio, sarò fedele a quel lavoro anche
se cambieranno le circostanze e i mezzi. Proseguirò con
determinazione e coerenza in qualunque situazione perchè chi prova
paura, paura di essere annientato, è l'ego: il Sé, invece, non vede
l'ora di abbandonarsi all'ignoto. Volontariamente e consapevolmente
dedico la mia esistenza a qualcosa che nutro e che mi nutre, che per
me è sacro, è un ideale superiore. Sono la manifestazione di
quell'ideale.
Includendo
la trascendenza nella mia vita quotidiana, includo la mia vita tra i
valori della trascendenza. Lascio che gli impulsi spirituali si
esprimano nella quotidianità ordinaria e avviene un'osmosi tra
spirito e materia.
Il fuoco
sacro mi trasmuta ed io accetto la trasmutazione: nulla rimane
uguale, micro e macro si fondono e nuotano insieme manifestandosi
nei miracoli che passano inosservati ma che accadono ogni giorno.
Come diceva
Castaneda: “ogni cammino va bene, basta che abbia un cuore....”
Entro nel
gruppo quando prendo coscienza che esiste l'altro.
Poi rompo
l'illusione egoica della divisione e sento il privilegio di unirmi a
un gruppo che condivide un ideale. Senza paura di scoprirmi entro in
relazione gratuita ed incondizionata, con possibilità di reciproca
fiducia totale. Nel momento in cui considero il gruppo come parte di
me, faccio mie anche le qualità dell'altro che individualmente non
ho e la mia individualità si arricchisce nel gruppo. Quando il mio
cuore si apre percepisco l'appartenenza come un valore fondamentale e
considero il gruppo come un luogo privilegiato per l'apprendimento
delle arti della convivenza. Il gruppo è un accelleratore e
amplificatore del mio lavoro personale.
Infine il
gruppo, nutrito di singole individualità indipendenti, consapevoli,
sveglie, allarga le proprie prospettive culturali, genera vitalità
e curiosità , getta le premesse per nuovi orizzonti. Dai confini
osmotici, permeabili ed indefiniti come un giardino zen che sfuma nel
bosco, dialoga con l'esterno e crea una nuova realtà.
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