lunedì 2 luglio 2012

Sussistenti

Fantaecologia?
Sogni ad occhi aperti?
Legittimo ed inossidabile ottimismo antagonista?
Ecovillaggisti entusiasti, con un passato di ricercatori universitari nei campi della matematica applicata alla finanza, scrivono che la autosussistenza è un diritto naturale. Basta nascere sul pianeta per averla garantita, soprattutto se si nasce in Italia.
Il motto è: con 400mq si campa una famiglia.
Una famiglia di 4 persone sopravvive con mezzo ettaro?
Senza carne o formaggi ovviamente, visto che in mezzo ettaro non ci allevi neppure una pecora.
2000 kcal giornaliere che includano anche grassi importanti, proteine, vitamine, sali minerali ricavate da 100 mq?
Neppure nel paradiso terrestre.
Forse mangiando solo mais e fagioli, sempre che il tempo ed i parassiti siano clementi, si riesce a sopravvivere. Ma avete presente la faccia di chi mangia per 30 anni soltanto mais e borlotti? Senza il polletto domenicale, senza l'ovetto mattutino? Senza la marmellata da spalmare sul pan secco?
Senza pane soprattutto!
Fagioli sconditi visto che gli olivi richiedono terra, tanta, e lavoro tanto in particolari periodi dell'anno.
Senza le calorie dell'olio, del burro e del latte mi pare impossibile crescere dei bambini.
E poi c'è il Seitan. Eccoci all'acqua. Con cosa lo laviamo il Seitan? Occorre l'acqua corrente in abbondanza, non lo possiamo certo lavare alla fontanella. Oltretutto il seitan si fa con la farina (manitoba) che non cresce spontanea agli angoli delle strade.
Io ho come il sospetto che molti degli autosussistenti che incontriamo sul web, alle fiere, nei dibattiti, alle presentazioni dei libri sussistano grazie ai loro splendidi orti permaculturali sinergici integrati con robuste rendite di varia origine: pensioni, regalie parentali, investimenti, affitti, suoceri, rendite immobiliari, etc.etc.
A me l'autosussistenza pare una fantasia senza fondamento.
Dobbiamo invece costruire una realtà produttiva intelligente e lungimirante in grado da subito di confrontarsi col panorama agroeconomico locale senza perdere le proprie specificità culturali ed etiche.
Magari proprio nell'ottica di contagiare la civiltà contadina in cui ci si trova collocati, in un percorso di influenza reciproca e di scambio di saperi e valori, invece che disdegnarla in preda allo snobismo informatico letterario.

2 commenti:

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