di Sergio Los
1 - RIABITARE TERRITORI SVUOTATI DALL’URBANESIMO
1 - RIABITARE TERRITORI SVUOTATI DALL’URBANESIMO
Una delle tragiche conseguenze dell’urbanesimo dell’era termo-industriale è stato l’abbandono di vasti territori antropizzati che nei decenni hanno progressivamente perso abitabilità. La preservazione di tali territori richiede la presenza di insediamenti umani continuativi che possiamo definire come letteratura ambientale: un patrimonio di conoscenza che custodisce la nostra cultura e ci permette di condividere un mondo. Un patrimonio che rischia di morire.
Questi
vasti territori se lasciati a loro stessi perderanno la loro residua
abitabilità e troveranno altri equilibri naturali coi quali sarà
comunque necessario stabilire delle relazioni vista la nostra
dipendenza dalle risorse primarie in essi contenuti. Ignorarli
significa comprare dell'uva importata lasciando seccare la vigna
vicino a casa. Prendersene cura invece ci aiuta a raggiungere un vero
equilibrio con l'ambiente circostante. I territori della Toscana ci
offrono la preziosa opportunità non solo di produrre risorse per la
nostra sussistenza ma anche di praticare una lingua condivisa che sia
in grado di narrane l'identità.
Questo processo risponde al principio fondamentale dell'ecologia dove ogni organismo crea sempre i presupposti per la vita di altri organismi e mai solo per se stesso. L'abbandono delle campagne è una palese elusione di questa legge vitale: il nostro comportamento autoreferenziale e imprevidente disconnette la nostra salute da quella delle altre specie vegetali e animali interrompendo le circolarità positive caratteristiche dell'ecosistema. È quindi auspicabile un’etica fondata sulla coesione responsabile tra le varie forme viventi, in contrasto alla coesione rigida o all’assenza di coesione (discoesione) caratteristica delle città termo-industriali. È necessario considerare quei territori abbandonati come sistemi viventi dotati di una dinamica particolare che, mancando di adeguata manutenzione, muteranno il proprio equilibrio ecologico escludendo l'uomo dal loro ciclo vitale. È importante pensare il villaggio come un tutt’uno insieme alle varie specie con cui condivide il territorio per riuscire a progettarlo seguendo la logica dell’equilibrio.
Questo processo risponde al principio fondamentale dell'ecologia dove ogni organismo crea sempre i presupposti per la vita di altri organismi e mai solo per se stesso. L'abbandono delle campagne è una palese elusione di questa legge vitale: il nostro comportamento autoreferenziale e imprevidente disconnette la nostra salute da quella delle altre specie vegetali e animali interrompendo le circolarità positive caratteristiche dell'ecosistema. È quindi auspicabile un’etica fondata sulla coesione responsabile tra le varie forme viventi, in contrasto alla coesione rigida o all’assenza di coesione (discoesione) caratteristica delle città termo-industriali. È necessario considerare quei territori abbandonati come sistemi viventi dotati di una dinamica particolare che, mancando di adeguata manutenzione, muteranno il proprio equilibrio ecologico escludendo l'uomo dal loro ciclo vitale. È importante pensare il villaggio come un tutt’uno insieme alle varie specie con cui condivide il territorio per riuscire a progettarlo seguendo la logica dell’equilibrio.
2 -
POTENZIALITÀ ABITATIVE DEI LUOGHI COME RISORSA
Una grande risorsa di cui l’Italia è ricchissima è la potenzialità abitativa dei luoghi. Una risorsa costituita non solo dalle loro proprietà strumentali (clima, case, strade, terrazzamenti, bacini idrici, città, ecc.) ma anche dal loro potenziale comunicativo, dalla loro memoria, dai monumenti e dalla loro vis simbolica. Questa energia culturale dei luoghi rafforza la nostra consapevolezza, ci invita alla condivisione e ci permette di apprendere e trasferire conoscenza realizzando un territorio pronto per diventare un vero patrimonio comune.
Lo studio
del paesaggio toscano, topografia, clima, agricoltura, architettura,
città e borghi, mira a rintracciare un complesso sistema simbolico
da condividere per riabitare le aree abbandonate . Esso si propone di
identificare le potenzialità abitative dei luoghi e cerca di usarne
la lingua originaria rianimata dalle conoscenze attuali col fine di
rinforzarne le identità, valorizzandole. Esplicitare questa
letteratura ambientale vuol dire dar voce a tutti i suoi componenti
rendendoli in grado di esprimersi.
3 -
STRATEGIE PER RIABITARE RI-TERRITORIALIZZANDO I LUOGHI
Occorre
proporre modalità attuali per riabitare quei territori e capacità
operative per preservare i loro paesaggi e la loro abitabilità. Non
si tratta infatti solo di riabitare in qualche modo quei luoghi ma di
ri-territorializzarli riportando alla luce quella lingua abitativa
identitaria, fatta di conoscenze e tecniche relative. Non basta
raccogliere ciò che resta come insieme di oggetti storici, magari
estetizzati dal collezionismo museale che ne muta lo statuto sociale,
occorre riconoscerli come matrici simboliche generative, come
semantiche latenti, lingue -appunto- conscie che indirizzano le
nostre azioni e i nostri sogni, fulcri simbolici della nostra
civicità.
4 –
INTENDIAMO RICREARE UN BORGO
Il Borgo si
propone come un progetto-laboratorio, un processo di ricerca e
azione, inteso come l’apprendimento di un magistero civico
(comprendente economia, ecologia, urbanistica, sociologia, arte,
agricoltura) che sviluppa l’arte dell’abitare consapevole. La
costruzione del Borgo, come comunità intenzionale, è motivata
dall’idea che soltanto la città ( intesa come civitas e in
contrapposizione alla metropoli) possa aiutare le popolazioni - rese
nomadi dall’attrazione esercitata dalla tecnologia occidentale, che
provoca nel pianeta flussi epocali di migranti - a preservare le loro
terre fertili e antropizzate e a ridurre l’affollamento
metropolitano. Questa patologia planetaria che le nostre discipline
scientifiche non riescono a controllare, spinge moltitudini di
persone ad abbandonare i territori della loro cultura per correre ad
affollare megalopoli straniere ingovernabili e insostenibili.
L’obbiettivo
del progetto-laboratorio consiste nello sviluppo concreto, come
conoscenza costruita non semplicemente descritta, di una micro città
intesa come matrice di apprendimento e sviluppo. La ricostruzione
della città stanziale, dopo la recente parentesi del nomadismo di
ritorno nord-europeo e nord-americano, che ha portato l’umanità
all’attuale evoluzione regressiva (o involuzione), è la proposta
che può aiutare la rinascita di una civiltà urbana rigenerativa. Lo
sviluppo di una comunità intenzionale di con-cittadini, comunità
che condivide una micro città ed è capace di apprendere e
cooperare, è la soluzione che proponiamo per regolare quel flusso
migratorio che da due secoli minaccia la stabilità del pianeta. Un
processo che potrebbe riattivare la coltivazione di terre
abbandonate, ridurre l’affollamento delle megalopoli e far mangiare
popoli cronicamente denutriti.
Abbiamo
perduto la capacità di costruire e governare le città proprio nel
momento in cui essa era più urgente cioè in concomitanza con
l’impennata della popolazione urbana dal 10 al 50% in meno di cento
anni. Come risponde la nostra proposta a tale questione? La
ricostruzione della città stanziale prevede lo sviluppo di un
sistema insediativo resiliente, capace di sopravvivere in modo
autosufficiente nel proprio territorio rispetto agli
approvvigionamenti indispensabili quotidianamente (o frequentemente),
dotato di una produzione locale per un consumo locale e pure di una
produzione di base che gli consente l’accesso ad altri
approvvigionamenti meno urgenti, nel rispetto della sostenibilità
presente e futura.
Questo
sistema insediativo inoltre è capace di riprodursi.
La
megalopoli invece, proprio perché ha perso la capacità di
riprodursi, sa solo espandersi e scoppiare. La megalopoli è un buco
nero che attrae chiunque entri nel suo campo gravitazionale, il suo
canto delle sirene non può offrire ai popoli del pianeta se non la
sua irresistibile degenerativa attrazione: renderli consumatori.
Altre
civiltà del passato hanno esportato la propria cultura costruendo
città capaci di mediare con la cultura locale e costruire una nuova
civicità. Dobbiamo pensare alla città come un’impresa cooperativa
civica multi-prodotto e multi-servizio, con una economia locale
connessa mediante la rete internet con tutti i luoghi dove si
producono saperi interessanti. Questo scambio potrebbe da una parte
consentire al Borgo un continuo aggiornamento delle conoscenze e
dall’altro offrire una sperimentazione diretta sul campo di tali
conoscenze. Pensiamo a un magistero invece che a discipline
scientifiche perché la ricerca-azione presuppone una continuità tra
sapere e fare, più vicina all’arte che alla scienza. Nell’arte,
il sapere viene applicato direttamente da chi sa e ne è
responsabile, mentre nella scienza sapere e fare appartengono a
persone, istituzioni, attività diverse dove nessuno è responsabile.
L’artigianato, il fare a mano, il sapere locale, la consapevolezza
sono il terreno su cui è fondata questa civiltà civica. Operando
con saperi che riguardano realtà nelle quali siamo direttamente
coinvolti (come economia, urbanistica, ecologia, sociologia, ecc.)
dobbiamo sviluppare magisteri (intesi come complessi di saperi prima
disciplinari) che agiscono dall’interno, come organi all’interno
di un organismo, non come osservatori di un mondo esterno, oggettivo
e indipendente. L’arte di costruire e governare le città non può
che nascere da questa urbanistica dall’interno, non da una scienza
delle città che le presuppone esterne, istituendo l’esternità
dello scienziato che le analizza e le conosce. Per essa ogni atto
conoscitivo è intrinsecamente azione, intervento, e poiché ogni
azione ha delle conseguenze, l'atto conoscitivo non può considerarsi
qualcosa di neutro e sospeso che aspetta un’applicazione futura.
La
comunicazione di questo magistero che produce conoscenza utilizzabile
anche altrove dovrebbe essere finanziato da istituzioni, come la
comunità europea, capaci di comprenderne l’importanza e di
diffonderne i risultati ad altre regioni. Oppure dovrebbe essere
portato avanti in collaborazione con Istituti universitari.
Il Borgo
non sarà dunque una fuga dalle città di individui alla ricerca di
nuove esperienze, un turismo dell’utopia onirica che abbandona il
mondo ma la comunità di coloro che sono consapevoli di quanto il
nostro futuro dipenda dalla progressiva ricostruzione delle città
(intese come insiemi di concittadini consapevoli) dei saperi e delle
sapienze. La cultura nella quale viviamo le ha silenziosamente
distrutte trasformandole in centri commerciali, attraverso una
sistematica valorizzazione del nomadismo esistenziale,
dell’individualismo ossessivo, della dissoluzione dei codici, della
strumentalizzazione delle conoscenze. È un impegno a ricostruire
relazioni civiche economicamente ed ecologicamente sostenibili
mediante una sperimentazione diretta, dall’interno. Niente rende
più felici dell’esperienza di una realtà vissuta nella
consapevolezza della sua complessità, di un paradiso terrestre
rigenerato da un’esistenza etica relazionale. Il
progetto-laboratorio sarà dunque l’esemplificazione di un sistema
“civico” urbano realizzato attraverso una progettazione
bioclimatica multiscala che promuove nuove forme di vivere insieme in
un contesto che non è solo residenziale ma che prevede una grande
articolazione di attività, quali:
- attività artigianali e artistiche
- attività rurali come la permacoltura, l’orticoltura, la coltivazione di erbe officinali e curative, la viticoltura, (riattivando saperi tradizionali in un nuovo contesto)
- attività culturali con la fondazione di un centro internazionale dotato di biblioteca e informatizzato, pensato per incontri di studio anche lunghi, quindi con foresteria e ristorante
- un centro per seminari che riguardino le antiche arti giocose che innalzano lo spirito quali la musica, la danza e il canto
- un centro studi focalizzato su la medicina predittiva e l'integrazione di pratiche terapeutiche che siano nuove interpretazioni di antichi saperi.
Basato
sulla forte identità del luogo, dettata da una presenza millenaria,
il progetto interpreta i caratteri toscani delle costruzioni. Il
Borgo, regionalista nel suo linguaggio figurativo, potrà essere
aperto a persone di provenienza anche diversa, quindi non nativi, ma
comunque accomunati dallo stesso progetto di vita.
L’intervento
prevede di insediare una popolazione di circa 200 persone che abitano
un centinaio di alloggi e sono dotate dei servizi che caratterizzano
un Borgo o micro-città. La presenza di un’agricoltura composita
derivante dalla dieta locale dovrebbe poter alimentare quasi
completamente gli abitanti del Borgo, come accadeva per i borghi
medievali toscani.
Inoltre
sarebbe auspicabile coinvolgere anche gli abitanti degli insediamenti
vicini nel progetto, in modo da poter avere una gamma ancora più
ampia di servizi ed opportunità di inziative e scambi, nonché una
più solida possibilità di gestione virtuosa del territorio,
funzionale al benessere psicofisico delle persone che vi abitano e
che vi gravitano intorno.
Si prevede
che negli anni altre persone saranno attratte dal progetto e non
potendo trovare alloggio nel Borgo si rivolgeranno alle realtà
vicine che saranno quindi integrate sempre più nella sua benefica
economia.
5 –
TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO
Il progetto
prevede la realizzazione di un Ecovillaggio diffuso, più
precisamente la costruzione di un nuovo borgo con caratteristiche
urbane e collegato da percorsi pedonali e veicolari alle varie
contrade localizzate nelle vicinanze.
Il nuovo
Borgo sarà caratterizzato da un sistema di corti e edifici più o
meno grandi, caratteristica morfologica tipica degli isolati di
origine medioevale.
Le corti
interne agli isolati saranno utilizzate a orto, altre a giardino,
mentre i percorsi che collegano fra loro gli isolati si apriranno su
spazi collettivi come piazze e luoghi di incontro. Nella tradizione
delle città mediterranee, gli edifici saranno anche dotati di
portici, sui quali si affacciano i laboratori artigianali, luoghi di
ristorazione e spazi collettivi.
Questo
tessuto di isolati composito e flessibile prevede un certo grado di
differenziazione delle destinazioni d’uso che, oltre a quelle
residenziali, riguardano luoghi della cultura, botteghe artigianali,
laboratori, negozi di prima necessità, ecc. Dovrebbero inoltre poter
svolgere anche ruoli istituzionali alla microscala, come asilo nido,
pronto soccorso, internet point, sala di riunioni, ecc.
Il
villaggio inoltre accoglierà persone singole o famiglie accomunate
dagli stessi obiettivi ma di diverse età e competenze. La presenza
di persone più mature, spesso detentrici di saperi assai importanti
in via di estinzione, consente di trasmettere ai giovani abilità
inestimabili, siano esse artistiche, agricole, artigianali.
Gli elevati
livelli di autosufficienza locale previsti dal programma sono
particolarmente favoriti dalla natura del luogo dove abbondante è la
presenza d’acqua, di boschi - che possono fornire il cippato come
fonte energetica per la climatizzazione degli edifici anche con un
sistema di teleriscaldamento -, di terreni agricoli - adatti a
coltivare ogni sorta di ortaggi, di cereali, di frutteti, oltre che
all’allevamento di capi di bestiame, già presenza di prodotti di
alta qualità formaggio, latte, prosciutti, carni -. È previsto un
impianto di depurazione e fitodepurazione delle acque di scarico,
riutilizzate in agricoltura, oltre a un programmato sistema di
raccolta differenziata dei rifiuti solidi da riutilizzare localmente.
L’obbiettivo di questo sistema insediativo è di chiudere almeno
localmente il ciclo naturale senza residui, nel senso che i rifiuti
dovrebbero poter tornare alla natura o diventare materie seconde da
riusare.
I nuovi
interventi saranno di uno o due piani, progettati secondo i principi
dell’Architettura Bioclimatica, costruiti con tecnologie
innovative, per ridurre il fabbisogno di energia, alimentati da fonti
rinnovabili come il sole, il cippato, la geotermia, ecc. La maggiore
risorsa cui il Borgo si affida resta comunque l’intelligenza
progettuale, soprattutto morfologica prima che materiale, in modo da
evitare ove sia possibile qualsiasi intervento impiantistico, quasi
sempre sostitutivo di saperi perduti. La conoscenza del clima locale
renderà regionali gli edifici e le strade del Borgo, senza facili
riduzioni stilistiche ma emergenti da una conoscenza profonda del
clima locale.
6 –
LOCALIZZAZIONE DELL’INTERVENTO
Tipica zona
climatica Mediterranea, definita di tipo submediterraneo o
“temperato con estate secca”. Il territorio si trova sul versante
compreso fra i 300 e i 500 m s.l.m e presenta un microclima
particolarmente favorito dalla esposizione al sole e dall’ottima
ventilazione naturale assicurata dalle brezze che spirano tutto
l’anno fra le colline.
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