Eppure si fa proprio così: ci si crede, con ogni fibra. Ogni volta.
Forse siamo dei pazzi, presentarsi così da proprietari terrieri ed amministratori locali armati di comune umanissimo entusiasmo e qualche studio serio sugli insediamenti non impattanti, bioclimatici, permaculturali... cartelline pretenziose un po' scortecciate e vecchi laptop dalle batterie esauste con presentazioni interminabili.
Questa bibliografia poi. 50 Titoli. La incollo speranzoso in calce ad ogni documento di presentazione. Ma qualcuno la leggerà mai?
"Un lungo lavoro di progettazione partecipata". Chissà se per il tecnico di fiducia del sindaco questa frase significa qualcosa.
Mentre sfoglia con tutta la dedizione di cui è capace il nostro paper, circondato e protetto da un opprimente esercito di faldoni dai titoli cubitali in burocratese, non posso non chiedermi se davvero "progettazione partecipata" significa qualcosa per lui.
Transizione, ecovillaggio, bioclimatica, manifesto del progetto, ecoabitanti, cohousing, decrescita, autosufficienza idrica...
Forse queste parole non significano nulla per la gente comune.
Forse dovremmo scrivere, invece che queste presentazioni, un glossario ad uso degli amministratori locali e dei funzionari di banca!
Transizione, ecovillaggio, bioclimatica, manifesto del progetto, ecoabitanti, cohousing, decrescita, autosufficienza idrica...
Forse queste parole non significano nulla per la gente comune.
Forse dovremmo scrivere, invece che queste presentazioni, un glossario ad uso degli amministratori locali e dei funzionari di banca!
Ma in fondo non importa, tanto quell'area non ha piano regolatore e quindi non potremmo tirar su neppure un pollaio.
Pazienza.
Ci fermiamo a smaltire la delusione in una trattoria plurisecolare. Che meraviglia, un luogo di ristorazione incontaminato dalle ficcanti recensioni di gastronomi intelligenti. La tendina scacciamosche di plastica stinta che divide la saletta dalla cucina è una garanzia.
Aspetto deliziato la mia ribollita e tremo all'idea che il nostro evo cieco fagociti anche questo sobrio e delicato esercizio.
Non riusciamo a contenerci, riversiamo un profluvio spontaneo di complimenti sulla cuoca anziana. Lei tutt'altro che timida rivendica riconoscimenti per il proprio magistero. Battagliera. Che vita.
Il figlio, cameriere, ridacchia placido e candido come ridono quelli che son cresciuti storditi dal benessere, dalla pienezza.
Azzardiamo a palesarci: siamo cittadini in cerca di un vecchio borgo di campagna da ripopolare.
La vecchia ci trapassa con lo sguardo, temiamo il peggio.
Poi annuisce e traccia con l'indice artritico, seguito in malomodo dalla BIC esiziale del figlio, una mappa improbabile su un foglio di carta a quadretti... lo stesso blocchetto sul quale di solito scribacchia il conto.
Un posto nuovo!
Subito si sogna. Un monastero abbandonato, noto a tutti i vecchi della zona per la prodigiosa produttività dei suoi orti.
Ma sono quasi 100 km da Firenze!
Non importa. C'è il mare vicino!
Non importa. C'è il mare vicino!
Andiamo subito a vederlo, facciamo qualche fotografia intanto.
Durante il tragitto in macchina i "se" attraversano la mente come frecce avvelenate scoccate da chissà chi.
E se non c'è l'acqua?
Se non ci sono alberi?
Se non ci fanno restaurare secondo i nostri canoni?
Se non andiamo a genio al sindaco?
Se non ce la facciamo coi soldi?
Se il terreno è inquinato?
Se la valle è troppo buia?
Se è troppo vicino agli impianti geotermici?
Poi ecco la strada sterrata con i cipressi rimasti in piedi. Pochi ma maestosi.
Parcheggio la Panda in un mare d'achillea. Farfalle blu ovunque.
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